Il diritto di abitazione è il diritto di godere di un’abitazione altrui. In questa guida utile vediamo come si acquisisce, quando decade, quali situazioni riguarda e quali sono i doveri di chi ha il diritto di abitazione. Spesso, il diritto di abitazione si intreccia con situazioni familiari, coniugali o con le successioni ereditarie, perciò capire come funziona può essere molto utile in diverse circostanze della vita.

Cos’è il Diritto di Abitazione? Una definizione

Come già accennato, il diritto di abitazione è un diritto reale che permette a una persona di abitare una casa di cui non è proprietaria. Chi possiede questo diritto può quindi vivere in quell’abitazione per il proprio uso e quello della sua famiglia, senza bisogno di possederne la proprietà. Tuttavia, non può affittarla o sfruttarla economicamente, perché questo diritto è limitato al solo uso abitativo.

In pratica, chi ha il diritto di abitazione ha la possibilità di vivere in una casa anche se non è sua, con la sicurezza che questo diritto non potrà essergli tolto arbitrariamente. Questo diritto è regolato dagli articoli del Codice Civile italiano, nello specifico dall’articolo 1022 e seguenti.

Si tratta di un diritto “personale”, cioè legato strettamente alla persona a cui è stato concesso e non può essere trasferito o ereditato da altri.

l diritto di abitazione si estende a tutti gli accessori e pertinenze dell’immobile (balconi, giardini, rimesse, ecc.) in quanto destinati al servizio e all’ornamento della casa, nonché alle accessioni (art. 983 c.c., in virtù del richiamo contenuto nell’art. 1026 c.c.).

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Diritto di Abitazione e usufrutto: qual è la differenza?

Una delle domande più comuni è la differenza tra il diritto di abitazione e l’usufrutto. Anche l’usufrutto è un diritto reale, e chi lo detiene ha la possibilità di usare un bene che non possiede. Ma ci sono delle differenze fondamentali.

L’usufrutto è un diritto più ampio. Oltre a poter abitare la casa, l’usufruttuario può trarre un vantaggio economico dalla proprietà, ad esempio affittandola a terzi e percependo il relativo canone di locazione. Con l’usufrutto, una persona può quindi godere pienamente dei frutti economici della proprietà, a patto di rispettarne l’integrità e di non danneggiarla o modificarla.

Inoltre, l’usufrutto può riguardare qualsiasi tipo di immobile o anche beni mobili (come un’auto o una quota azionaria), mentre il diritto di abitazione si applica solo a un immobile e solo se serve per il domicilio del titolare. Quindi, mentre l’usufrutto dà una libertà maggiore nell’utilizzo e sfruttamento del bene, il diritto di abitazione è limitato esclusivamente al fine abitativo.

Infine, bisogna considerare che è un diritto “personalissimo” e, per legge, non può essere né venduto, né affittato, né trasmesso a terzi. L’usufrutto, invece, se previsto, può essere temporaneamente ceduto, ad esempio sotto forma di subaffitto.

Come si costituisce il Diritto di Abitazione?

Il diritto di abitazione si può costituire principalmente in due modi: tramite un contratto o per disposizione testamentaria.

1. Tramite Contratto: può essere stabilito mediante un accordo tra le parti, di solito con un atto notarile. Immaginiamo che una persona proprietaria di un appartamento voglia concedere a un parente la possibilità di abitarvi; potrà farlo tramite un contratto in cui viene specificato questo diritto. In questo caso, il proprietario rimane tale, ma il beneficiario ha la sicurezza di poter abitare la casa per il periodo stabilito o fino alla sua vita.

2. Tramite Testamento: spesso viene concesso tramite disposizione testamentaria, come accade frequentemente in ambito familiare. Il testatore, cioè colui che scrive il testamento, può stabilire che, alla sua morte, una certa persona (di solito il coniuge superstite) abbia il diritto di abitare in una casa specifica. Questo diritto sarà valido per tutta la durata della vita della persona beneficiaria, e al momento della sua morte il diritto di abitazione si estinguerà automaticamente.

Si aquisisce inoltre:

  • tramite sentenza del giudice; caso tipico è l’assegnazione dell’immobile in caso di separazione legale/divorzio tra coniugi al genitore che vi risiede con i figli;
  • tramite usucapione, cioè tramite l’utilizzo ventennale di immobile altrui.

È importante sapere che, nel caso sia acquisito per testamento, il beneficiario non ha l’obbligo di accettare. Se per qualsiasi motivo decidesse di rinunciare, il diritto si considera come mai esistito.

Quando decade? Estinzione del diritto: quando e in quali casi

Si tratta di un diritto “vitalizio”, il che significa che si estingue con la morte della persona a cui è stato concesso. Tuttavia, ci sono alcuni casi particolari in cui può decadere prima della morte:

  • Rinuncia: chi ha il diritto può decidere di rinunciarvi, tramite una dichiarazione formale. In tal caso, il diritto viene meno e la casa torna completamente a disposizione del proprietario.
  • Violazione dei Termini del Contratto: se è stato concesso tramite un contratto e il titolare del diritto non rispetta i termini stabiliti (ad esempio, se danneggia gravemente l’immobile), il proprietario potrebbe avere il diritto di chiedere la revoca del diritto.
  • Espropriazione o Distruzione dell’Immobile: se la casa viene espropriata per pubblica utilità o distrutta (ad esempio, a causa di un incendio), il diritto di abitazione decade poiché viene a mancare l’oggetto stesso del diritto.
  • Per scadenza dell’eventuale termine indicato nell’atto.

Il Diritto di Abitazione della casa coniugale: cos’è?

Uno dei contesti in cui il diritto di abitazione è più significativo è quello della “casa coniugale”, ossia la casa in cui viveva la coppia sposata. In Italia, la legge tutela particolarmente il coniuge superstite, cioè il coniuge che sopravvive dopo la morte del partner. In caso di decesso di uno dei coniugi, la legge garantisce automaticamente al coniuge superstite il diritto di abitare nella casa coniugale, anche se questa non era di sua proprietà.

Questa protezione si applica indipendentemente dal fatto che il coniuge superstite sia formalmente erede, proprio perché il diritto di abitazione sulla casa coniugale è riconosciuto come una tutela speciale. Questo significa che, anche se ci sono altri eredi (ad esempio, i figli), il coniuge rimasto in vita ha il diritto di continuare a vivere nella casa e di utilizzare i mobili e gli arredi che la completano.

Bisogna tuttavia fare attenzione: questo diritto si applica esclusivamente alla casa coniugale effettivamente abitata dalla coppia. Non si estende ad altre proprietà eventualmente possedute dal defunto.

Obblighi e diritti del titolare del Diritto di Abitazione: quali sono?

Il diritto di abitazione comporta dei diritti, ma anche delle responsabilità obblighi e doveri per chi lo detiene. Chi ha il diritto di abitazione può vivere nell’immobile e usare i suoi spazi, ma non può modificare l’immobile senza il consenso del proprietario e, come abbiamo detto, non può subaffittarlo o cederlo.

Inoltre, il titolare del diritto di abitazione è solitamente tenuto a coprire le spese ordinarie legate alla manutenzione dell’immobile. Questo significa che deve prendersi cura della casa e affrontare le spese quotidiane, come quelle relative alla pulizia, al riscaldamento e agli eventuali piccoli interventi di manutenzione. In caso di lavori straordinari, come rifacimenti strutturali importanti, è il proprietario a dover intervenire.

Obblighi e doveri del titolare nel dettaglio: quali sono?

Ricapitolando il titolare del diritto deve:

  • utilizzare l’immobile con il solo scopo di abitarci;
  • rispettare la destinazione economica dell’immobile;
  • utilizzare l’immobile con la diligenza del buon padre di famiglia;
  • restituire l’immobile al proprietario nello stesso stato in cui si trovava quando ne ha acquisito il diritto;
  • non cedere l’immobile né concederlo in locazione;
  • provvedere alle manutenzioni ordinaria;
  • versare le imposte dovute dalla Legge.

Limitazioni del Diritto di Abitazione: quali sono?

Il diritto di abitazione, come abbiamo visto, è molto specifico. In primo luogo, è legato solo alla persona che lo detiene e non può essere ceduto né ereditato. Se, ad esempio, una persona a cui è stato concesso il diritto di abitazione decede, questo diritto non viene trasferito automaticamente ai suoi familiari. Al momento della morte del titolare, il diritto di abitazione si estingue e la casa torna pienamente nella disponibilità del proprietario.

Un altro limite importante riguarda l’uso della casa. Il titolare non può sfruttare l’immobile per scopi diversi dall’abitazione personale. Se, ad esempio, volesse affittare una parte della casa o utilizzarla per attività commerciali, non sarebbe possibile. Anche per questo il diritto di abitazione si definisce un diritto “personale” e non patrimoniale, dato che non genera reddito né può essere considerato un bene trasmissibile.

Come funziona in caso di separazione o divorzio?

La legge prevede tutele speciali anche nel caso della separazione e del divorzio. Se una coppia con figli decide di separarsi, la casa coniugale viene spesso assegnata al genitore che ottiene l’affido dei figli, affinché questi ultimi possano continuare a vivere nello stesso ambiente. Questa assegnazione della casa coniugale è un diritto d’uso che, anche se temporaneo, può somigliare molto al diritto di abitazione e permette al genitore affidatario di continuare a vivere nella casa con i figli per il tempo stabilito dal giudice. Questo non significa che l’ex coniuge diventa proprietario, ma solo che ha il diritto di abitare lì insieme ai figli finché ne hanno bisogno.