In questa guida parliamo dei pannelli di lana di roccia e approfondiamo le specifiche di questo materiale. Dove si trova? Dove viene lavorato, che caratteristiche ha come isolante? Vediamo anche se fa male alla salute: fa male respirare la lana di roccia? I lavoratori dell’edilizia e dell’industria che li produce corrono rischi? E che rischi si corrono con un cappotto termico in lana di roccia in casa? Rispondiamo a tutti questi quesiti qui di seguito. Vediamo in particolare quali sono similitudini e differenze tra lana di roccia e amianto. Scopriremo così che la lana di roccia è un validissimo sostituto dell’amianto in edilizia.
Indice dei contenuti
Cos’è la lana di roccia? Lavorazione e proprietà
La lana di roccia è un materiale molto apprezzato per le sue proprietà isolanti, utilizzato principalmente in edilizia e in altri settori che richiedono soluzioni efficaci per l’isolamento termico, acustico e la protezione dal fuoco. Questo materiale è composto da fibre ottenute dalla lavorazione di rocce vulcaniche come il basalto e la dolomite, risorse naturali abbondanti.
La sua produzione avviene attraverso un processo industriale che replica l’attività vulcanica naturale. Fondendo le rocce a temperature elevate vengono trasformate in una massa liquida che viene poi filata in fibre sottili. Queste fibre, legate tra loro mediante resine, danno origine a pannelli, rotoli e altre forme utilizzate per varie applicazioni.
Caratteristiche dei pannelli in lana di roccia
I pannelli in lana di roccia possiedono caratteristiche che li rendono un materiale versatile e performante. Dal punto di vista termico, la loro struttura fibrosa intrappola l’aria, riducendo la dispersione di calore e contribuendo al mantenimento di temperature stabili negli edifici. Questo si traduce in un notevole risparmio energetico, sia in inverno che in estate.
Sul fronte acustico, la capacità della lana di roccia di assorbire i suoni la rende ideale per ridurre i rumori provenienti dall’esterno o tra diversi ambienti interni. Inoltre, la sua composizione minerale la rende incombustibile, una qualità cruciale per aumentare la sicurezza antincendio, poiché può resistere a temperature molto elevate senza emettere sostanze tossiche.
La durabilità della lana di roccia è un altro punto di forza. Questo materiale mantiene le sue proprietà nel tempo, dimostrandosi resistente a compressione, umidità e muffe. La sua sostenibilità deriva non solo dall’origine naturale delle materie prime, ma anche dalla possibilità di riciclarla a fine vita, contribuendo così a un’economia circolare.
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Lana di roccia vs amianto: caratteristiche in comune
La lana di roccia ha un aspetto fibroso. Ci si chiede quindi se respirarne le fibre possa essere pericoloso per la salute respiratoria. Al contrario dell’amianto che si suddivide in fibre via via più sottili, le fibre di lana di roccia e si vetro si spezzano trasversalmente rispetto all’asse lungo della fibra, dando origine a fibrille sempre più corte.
Esse presentano un elevatissimo grado di flessibilità, sono inestensibili ed estremamente resistenti alla trazione, non infiammabili e scarsamente deteriorabili dalle sostanze chimiche corrosive, dall’umidità e dalle popolazioni microbiche. Hanno in questo senso caratteristiche molto simili all’amianto.
La lana di vetro, in virtù della sua struttura lanuginosa e del basso costo, rappresenta un materiale estremamente vantaggioso, impiegato non solamente in edilizia come coibentante termico (protegge sia dal caldo che dal freddo), ma altresì come fonoassorbente e nelle opere di protezione antincendio (ininfiammabile).
Lo stesso dicasi per la lana di roccia, dotata delle stesse qualità isolanti termo-acustiche e ignifughe della lana di vetro.
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La lana di roccia è pericolosa per la salute?
Alcune delle fibre artificiali impiegate nell’edilizia possono essere molto pericolose per la salute umana sia in senso irritativo sull’apparato respiratorio, sia in termini di cancerogenicità.
Con la drastica riduzione dell’estrazione e dell’impiego dell’amianto in edilizia e nell’industria fin dal lontano 1970, e con il definitivo bando decretato in Italia dalla legge n. 257 del 27 marzo 1992 e dalle successive modifiche si è andato sempre più consolidando l’uso di nuovi materiali artificiali. Con la transizione ecologica e l’uso massiccio di cappotti termici questi materiali si sono diffusi ulteriormente.
La categoria di questi materiali è conosciuta come Fibre Artificiali Vetrose (FAV). Esse variano molto tra loro per proprietà fisiche e chimiche. In particolare per la quantità di ossidi alcalini e alcalino-terrosi nella loro composizione.
Le loro diverse caratteristiche chimico-fisiche decretano la loro maggiore o minore pericolosità, assegnandone la tossicità in funzione del diametro delle fibre e della maggiore o minore solubilità delle stesse nei liquidi biologici (bio-solubilità), direttamente dipendente dalla quantità di ossidi alcalini e alcalino-terrosi presenti nella loro composizione (maggiore è la loro quantità, minore è la tossicità della fibra).
Come si calcola il grado di pericolosità di una fibra artificiale?
Il Regolamento CLP (Classification, Labeling and Packaging), corrispondente al regolamento europeo n. 1272/2008 di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze chimiche, stabilisce una valutazione di pericolo in termini di cancerogenicità, prendendo in considerazione due parametri:
- Diametro delle fibre
- Contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi presenti nella composizione delle fibre, che ne definiscono la capacità di rapido e facile allontanamento dall’organismo umano.
Cosa stabilisce il Regolamento CLP?
Stabilisce così di definire non pericolose, sia dal punto di vista della cancerogenicità che da quello della capacità irritante sull’apparato respiratorio, le fibre artificiali vetrose in grado di essere conformi ad almeno una tra le due seguenti note:
- Nota “R”: diametro della fibra > 6 µm (micron)
- Nota “Q”: presenza di almeno una tra le seguenti caratteristiche, dichiarative, nel loro insieme, di un’elevata bio-solubilità delle fibre, direttamente proporzionale alla quantità di ossidi alcalini e alcalino-terrosi presenti nella loro composizione:
- tempo di dimezzamento inferiore a 10 giorni per le fibre di lunghezza > 20 µm (micron) in corso di prova di persistenza biologica dopo inalazione
- tempo di dimezzamento inferiore a 40 giorni per le fibre di lunghezza > 20 µm (micron) in corso di prova di persistenza biologica dopo instillazione intra-tracheale
- assenza di eccesso di cancerogenicità dopo inoculazione intra-peritoneale
- assenza, a lungo termine, di effetti patogeni o di cancerogenicità dopo inalazione
La lana di roccia risulta conforme almeno alla Nota “Q” o alla Nota “R”, e non rappresenta un pericolo per la salute umana in senso irritativo o tumorale.
Categorie a rischio e sicurezza dei lavoratori esposti
Ciò non toglie che chi le utilizza debba lavorare con l’impiego di dispositivi di protezione individuale (DPI) elementari. Tra questi tuta da lavoro, guanti, occhiali protettivi e mascherina usa e getta). L’impiego di particolari DPI filtranti speciali messi a protezione delle vie aeree, come mascherine facciali filtranti per polveri, nebbie e vapori tipo FFP1, FFP2 o FFP3, sono indispensabili in caso di esposizione ad altre FAV pericolose.
Il contatto con le fibre di lana di roccia può provocare irritazioni alla pelle, mentre l’inalazione delle polveri può irritare le vie respiratorie. È importante adottare misure preventive per ridurre al minimo questi rischi, come l’utilizzo di mascherine, guanti e indumenti protettivi, oltre a lavorare in ambienti adeguatamente ventilati.
Le malattie professionali legate alla lana di roccia sono rare grazie ai progressi nella composizione bio-solubile delle fibre. Tuttavia, i lavoratori che non seguono le corrette misure di sicurezza possono essere esposti a rischi di irritazioni cutanee o respiratorie, che richiedono monitoraggio medico e attenzione continua.